Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

Il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: l'attuazione della legge delega in materia di sequestri penali ovvero un “monstrum iuris”

La riforma della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza: il ruolo “intermittente” dell’Agenzia dei beni confiscati (ANBSC)

DI PAOLO FLORIO
E LUCA D’AMORE

L’annosa tematica della disciplina dei sequestri penali non ricompresi nel novero del codice delle leggi antimafia ovvero nell’ambito dell’art. 240-bis c.p. o dell’art. 51, co. 3-bis c.p., (c.d. terzo binario), è ritornata nuovamente in auge allorché il 10 gennaio 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato in esame definitivo, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, il c.d. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

L’art. 13, co.1 della legge delega ha stabilito testualmente: “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo adotta disposizioni di coordinamento con il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, stabilendo condizioni e criteri di prevalenza, rispetto alla gestione concorsuale, delle misure cautelari adottate in sede penale, anteriormente o successivamente alla dichiarazione di insolvenza”.

Dalla relazione illustrativa emerge come il legislatore, nell’adottare disposizioni di coordinamento, abbia voluto “stabilire condizioni e criteri di prevalenza non dissimili da quelle dettate dal citato decreto legislativo [codice antimafia], sul presupposto che i sequestri penali e di prevenzione abbiano una funzione comune, quella di assicurare nell’ambito dei procedimenti in cui si inseriscono l’ablazione finale del bene e dunque la sua confisca”…”si è inteso il coordinamento nel senso di disciplinare in maniera uniforme ogni sequestro penale destinato a sfociare in un provvedimento di confisca, e ciò mediante rinvio al titolo IV del più volte citato decreto legislativo n.159/2001 contenuto nell’art.104-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale per tutto ciò che attiene alla tutela dei terzi e dei rapporti del sequestro con la procedura di liquidazione giudiziaria”.

L’entrata in vigore del decreto è prevista decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ad eccezione di quanto previsto agli articoli 27, comma 1, 350, 363, 364, 366, 373, 374, 377 e 378 che entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto.

Orbene l’art. 373, collocato nel prefato Codice al Capo VI dedicato alle “disposizioni di coordinamento della disciplina penale”, reca espresse modifiche agli artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p.p.

Dalla disamina della relazione illustrativa al citato codice della crisi di impresa e dell’insolvenza emergono le seguenti coordinate ermeneutiche:

La prevalenza della misura è prevista non già per tutte le forme di sequestro disciplinate dall’art. 321 c.p.p., ma esclusivamente per quelle di cui al co. 2° (c.d. sequestro preventivo facoltativo strumentale alla confisca), restando pertanto escluso il sequestro obbligatorio o impeditivo (art. 321, co. 1 c.p.p.);

Laddove trova applicazione la prevalenza (in quanto trattasi di sequestro penale ex art. 321, co. 2 c.p.p. finalizzato alla confisca), la nuova formulazione dell’art. 104-bis, co. 1-bis disp. att. c.p.p. implica due conseguenze:

il rinvio alle norme del titolo III del Testo Unico è limitato giacché si applicano (soltanto) le disposizioni che attengono alla nomina e revoca dell’amministratore, ai compiti e agli obblighi dello stesso nonché alla gestione dei beni mentre quelle in materia di Agenzia dei beni confiscati sono ritenute “estranee” ai sequestri penali;

ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, inoltre le disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del Testo Unico (art. 52 e ss);

Ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall’art. 240-bis c.p. o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’art. 51, co. 3-bis c.p., trovano applicazione tutte le norme del Testo Unico in materia di gestione e amministrazione dei beni sequestrate e confiscati e di esecuzione del sequestro. In tali casi l’Agenzia dei beni confiscati coadiuva l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, fino al provvedimento di confisca emesso dalla corte di appello e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal codice antimafia.

Il legislatore della crisi di impresa, pertanto, nel ritenere incongruo l’integrale richiamo che la legge n. 161/17 effettua(va) al Titolo III del codice antimafia, ha ritenuto dover specificare che ai sequestri preventive penali ex art. 321, co. 2 c.p.p. si debbano applicare soltanto le norme in materia di nomina e revoca dell’amministratore, di compiti dello stesso e di poteri di gestione, mentre quelle dedicate all’ANBSC debbano essere escluse giacché ritenute “estranee a tali sequestri”.

Paradossalmente poi il medesimo legislatore della crisi di impresa, applica a dette fattispecie di sequestro la disciplina in materia di tutela dei terzi di cui agli artt. 52 e ss del codice antimafia, addirittura mediante un rinvio testuale volto (si legge nella relazione illustrativa) “a fugare ogni dubbio”.

Riteniamo che l’attuazione della delega abbia creato un vero e proprio “monstrum iuris” destinato, si auspica, ad essere superato per la mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ovvero in conseguenza di un (opportuno e necessario) emendamento legislativo successivo.

In effetti con questa legislazione, ad avviso di chi scrive, vengono calpestati i principi basilari sui quali si fonda la legislazione antimafia “dimenticando” (o sconoscendo) che le norme in materia di nomina e revoca dell’amministratore, dei compiti dello stesso e dei poteri di gestione, non possono essere applicate disgiuntamente alle disposizioni in materia di Agenzia giacché detto ente, nella logica del codice antimafia, prosegue senza soluzione di continuità nella gestione a decorrere dalla confisca di secondo grado (eventualmente facendosi supportare da un coadiutore) e alla stessa Agenzia si applicano molte delle norme in materia di gestione.

Ma vi è di più: il legislatore della crisi di impresa dimentica che a seguito della legge n. 161/17, l’Agenzia assume un ruolo centrale anche nella disciplina di cui al Titolo IV, essendo chiamata, tra l’altro, a procedere alla liquidazione dei beni definitivamente confiscati onde soddisfare le ragioni creditorie accertate secondo i canoni degli artt. 52 e seguenti del Testo Unico nell’ambito del sub-procedimento di verifica all’uopo avviato dopo la confisca di primo grado.

In altri termini il legislatore della crisi di impresa pur ritenendo estranee ai sequestri penali in argomento le norme dedicate all’ANBSC, richiama la disciplina del Titolo IV ove l’Agenzia, invero, assolve il ruolo centrale di ente di chiusura del procedimento, essendo deputata a liquidare (vendere) i beni onde soddisfare i creditori in buona fede.

Oltre a ciò, la disciplina della crisi di impresa, per come congegnata in subiecta materia, ripropone l’annosa problematica della disciplina del c.d. terzo binario: escludendo espressamente l’applicazione delle norme in materia di ANBSC ai sequestri penali di che trattasi, il rischio è di arrivare alla confisca dei cespiti in assenza di un soggetto istituzionalmente deputato alla gestione post confisca e destinazione dei beni (nonché, come già detto, alla liquidazione dei beni per soddisfare i terzi creditori in buona fede).

Dati HYPERLINK http://www.governo.it/articolo/convocazione-consiglio-dei-ministri-n-37/10684